Effetti della pandemia Covid-19 sulla sorte dei contratti di durata: buona fede integrativa ed obbligo di rinegoziazione (Trib. di Roma, ord. 27 agosto 2020).
Qualora si ravvisi una sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale, quale quella determinata dalla pandemia del Covid-19, la parte che riceve uno svantaggio dal protrarsi della esecuzione del contratto alle stesse condizioni inizialmente pattuite ha la possibilità di chiederne la rinegoziazione, nonostante in base al testo normativo di cui all’art. 1467, comma 3, c.c. e all’orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte sul punto, la rettifica delle condizioni contrattuali “squilibrate” possa essere invocata soltanto dalla parte avvantaggiata dall’inatteso e convenuta in giudizio con l’azione di risoluzione. È quanto statuito dal Tribunale di Roma con ordinanza resa in data 27 agosto 2020, che ponendo alla base del proprio ragionamento i canoni di buona fede in senso oggettivo e della solidarietà, pur in assenza di una specifica clausola di rinegoziazione, ha rideterminato in via equitativa i canoni di locazione di un immobile facendo ricorso alla buona fede integrativa.
Carla Pernice, Ricercatrice presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”