Il 31 agosto 2019 è entrata in vigore la legge 8 agosto 2019, n. 86 che ha inaugurato una riforma sistematica e strutturale della disciplina in materia di sport attuata tramite una normativa di diretta applicazione e attraverso deleghe al Governo che hanno lo scopo di elaborare una regolamentazione coordinata e di dettaglio.
La legge prevede che, entro il termine di 12 mesi dalla sua entrata in vigore, il Governo adotti una serie di decreti legislativi che abbiano ad oggetto disposizioni in materia di ordinamento sportivo, in materia di professioni sportive e disposizioni di semplificazione e sicurezza in ambito sportivo. Da una prima lettura della normativa emerge come il Parlamento abbia concesso al Governo una delega decisamente ampia dato che i contenuti della futura decretazione spazieranno dalla riforma del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), alla disciplina del rapporto di lavoro sportivo di atleti e arbitri, al riordino delle disposizioni in materia di rappresentanza degli atleti e delle società sportive, alla semplificazione di adempimenti a carico degli organismi sportivi, fino a interessare la revisione delle norme di sicurezza per la costruzione, la ristrutturazione e l’esercizio degli impianti sportivi.
Nello specifico, la riorganizzazione del CONI desta particolare interesse non solamente perché è organo di vertice dello sport italiano, ma anche perché la direzione che si intenderà dare a questa riforma è vincolata dalla disciplina contenuta nella legge di bilancio 2019 (art. 1, commi 629 e 630, legge 30 dicembre 2018, n. 145). Questa ha varato, senza non poche polemiche, l’attività di una nuova società di servizi denominata “Sport e Salute” che ha sostituito la “CONI Servizi”, ma con alcune considerevoli differenze. Il nuovo ente è chiamato a gestire la fetta più cospicua dei finanziamenti destinati allo sport italiano che serviranno a sovvenzionare le federazioni sportive nazionali e gli altri organi sportivi, la promozione e l’organizzazione di eventi, la gestione dei centri e degli impianti sportivi sia pubblici che privati, nonché i progetti e le altre iniziative finalizzate allo sviluppo della pratica sportiva. Tuttavia, e in ciò consta la vera novità, il CONI ha perso il controllo di questo nuovo organismo in ordine a una incompatibilità tra i suoi incarichi di vertice e la figura di amministratore della “Sport e Salute” la cui nomina diviene di competenza ministeriale. Pertanto, è facile immaginare che nell’attuare la delega parlamentare l’intenzione del Governo sarà quella di ridisegnare il CONI secondo la prospettata suddivisione delle competenze che ha sottratto a quest’ultimo il ruolo di ente finanziatore dello sport dilettantistico e professionistico e che lo costringe nella posizione di organo deputato principalmente alla preparazione olimpica degli atleti italiani e alla amministrazione della giustizia sportiva esofederale.
Questa ingerenza della politica nell’ambito sportivo ha indotto il CIO (Comité International Olympique) ad esprimere apertamente la sua preoccupazione nei confronti delle disposizioni di legge in esame che sminuiscono il ruolo del Comitato olimpico italiano in maniera evidente. Nella lettera indirizzata al Presidente del CONI Giovanni Malagò il CIO ha sottolineato che gli organismi sportivi aderenti al movimento olimpico hanno il diritto e l’obbligo all’autonomia che si traduce anche nella libera determinazione della struttura delle loro organizzazioni. Questi organismi possono cooperare con i governi, tuttavia sono chiamati a resistere a tutte le pressioni, incluse quelle di ordine politico, che potrebbero impedire loro di rispettare la Carta olimpica.
Altro aspetto interessante è la delega per la riforma delle norme in tema di rapporto di lavoro sportivo. L’art. 5 della legge 8 agosto 2019, n. 86 prevede che il Governo sia chiamato ad adottare uno o più decreti legislativi che si ispirino a principi e criteri direttivi quali il riconoscimento del carattere sociale e preventivo-sanitario della attività sportiva, il principio delle pari opportunità anche per le persone affette da disabilità, la tutela della salute e la valorizzazione della formazione dei giovani atleti. Colpisce, in particolar modo, il richiamo al principio di specificità dello sport (art. 165 TFUE) che sintetizza l’insieme degli aspetti essenziali dello sport, sociali, educativi e culturali tali da distinguerlo da qualsiasi altra attività. Questo riferimento al principio di specificità rappresenta una ulteriore conferma che i rapporti tra fenomeno sportivo e ordinamento giuridico non sono nel segno di una totale autosufficienza del primo. La specificità non può trascendere in una sorta di autonomia, piuttosto consente alla regola sportiva di perseguire finalità che siano esemplificazione dell’articolato carattere dello sport, ma che siano anche legittime e perciò coerenti coi principi fondamentali dell’ordinamento.
Sull’argomento la legge delega (art. 5, comma 1, lett. c) stabilisce che sarà compito del Governo delineare la figura del lavoratore sportivo, ivi compresa la figura del direttore di gara, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dalla natura dilettantistica o professionistica dell’attività svolta. Sembra, pertanto, ci sia l’idea di superare una aprioristica individuazione del lavoratore sportivo in base alla categoria di sport praticato, preferendo valutare la sussistenza di un rapporto di lavoro caso per caso, in ordine cioè alla presenza o meno di alcuni indicatori che qualificano una relazione tra soggetti come un rapporto di lavoro così come definito a livello nazionale e a livello europeo. Questa soluzione sembra quella che meglio si coordina con la necessità di valutare la normativa sportiva come settore ordinamentale le cui specificità non possono giustificare la rinuncia a un confronto coi principi del sistema italo-comunitario.
Considerato che nel nostro ordinamento il lavoro sportivo è prerogativa dello sportivo professionista l’attuazione di questa delega potrà verosimilmente tradursi in tre aspetti di non poco rilievo. Primariamente, spetterà ancora alle federazioni sportive nazionali il compito di qualificare gli sportivi come professionisti o dilettanti, tuttavia ciò non impedirà anche a questi ultimi di essere dei lavoratori con conseguente riconoscimento dei diritti connessi alla categoria. In secondo luogo, finalmente si darà accesso al mondo del lavoro sportivo alle donne, finora precluso loro essendo lo sport femminile quasi esclusivamente dilettantistico. In ultimo, l’attuazione della delega significherà probabilmente mettere mano alla legge 23 marzo 1981, n. 91 che nell’ordinamento italiano rappresenta la normativa di riferimento per i rapporti tra società e sportivi professionisti, al fine di coordinare questa disciplina con la nuova figura del lavoratore sportivo che uscirà dalla decretazione governativa.
In conclusione, la delega contenuta nella legge 8 agosto 2019, n. 86 fornisce degli spunti di grande interesse che sveleranno la loro reale fisionomia nel momento in cui il Governo deciderà di tradurli in norma. A tal proposito, occorre evidenziare che l’attuale compagine governativa è sorretta da una maggioranza parlamentare differente rispetto a quella che ha approvato la legge in esame e che parte di questa nuova maggioranza è apertamente contraria alla riforma del CONI così come è stata prospettata. Questo repentino divenire della politica italiana getta un’ombra sulla possibilità che entro il 31 agosto 2020 si provveda a chiudere il cerchio della riforma approvando tutti i relativi decreti legislativi, non rimane che attendere l’evoluzione degli eventi.
Prof. Lorenzo Ripa, Ricercatore presso l’Università Telematica San Raffaele – Roma.