Autor: Filippo Romeo, Associato di Diritto Privato, Università degli Studi di Enna “Kore”. Correo electrónico: filippo.romeo@unikore.it
1. A seguito dell’emanazione del d.p.c.m 8 marzo 2020 e del d.p.c.m 9 marzo 2020 sono state imposte, a tutti i cittadini italiani, delle rilevanti (rectius abnormi) limitazioni alla libertà di circolazione sull’intero territorio nazionale con il precipuo fine di contenere l’emergenza epidemiologica denominata Covid−19. Invero, la lotta all’imperscrutabile nemico ha determinato il materializzarsi di un rinnovato quadro valoriale che ha posto, dal punto di vista sostanziale oltre che formale, il diritto alla salute in posizione predominante rispetto agli altri diritti costituzionalmente garantiti.
È di tutta evidenza che, in questo drammatico frangente, il diritto alla salute − la cui preminente tutela assurge a presupposto indefettibile per il godimento degli altri diritti − ha rappresentato la stella polare che ha guidato ed orientato tutti gli interventi governativi e legislativi di queste settimane. Si è assistito ad un riposizionamento valoriale che, sia pur nell’ottica di contrastare la diffusione dell’epidemia, ha posto il giurista di fronte a molteplici interrogativi. Si dischiudono nuovi orizzonti che, tuttavia, cominciano a disvelare non poche zone d’ombra: basti pensare che le scelte fatte per contenere l’emergenza da Covid−19 hanno determinato, in molti casi, una drastica compressione di taluni diritti costituzionalmente garantiti, non risparmiando neanche i soggetti minori di età. Dubbi, inoltre, sono stati avanzati in relazione alla tecnica di normazione utilizzata per imporre limitazioni e divieti.
Vacillano acquisite certezze e principi consolidati: l’emergenza sanitaria in corso, infatti, ha determinato una serie di processi normativi ed elaborazioni giurisprudenziali che hanno investito taluni istituti giuridici, rimodulato i rapporti tra i privati e interferito nelle dinamiche relazionali interpersonali. Si pensi, al riguardo, alla relazione tra genitori e figli nel caso di coppie separate o in fase di separazione. Nell’attuale fase emergenziale, infatti, il diritto−dovere dei genitori e dei figli minori di incontrarsi tende sovente ad essere considerato recessivo rispetto alle limitazioni alla circolazione delle persone. È questo il dato che si ricava dalla copiosa giurisprudenza «emergenziale» che si è materializzata in queste convulse settimane.
Ben si comprende, pertanto, come i minori di età − insieme ad un’altra categoria di soggetti strutturalmente vulnerabili, gli anziani − stiano pagando a caro prezzo il rispetto delle prescrizioni sanitarie e amministrative varate negli ultimi due mesi: i bambini, già deprivati di molteplici figure significative (i.e. insegnanti, amici, nonni, zii, cugini), rischiano seriamente di veder messo in discussione anche il rapporto con i genitori non collocatari o non conviventi nel caso di coppie legalmente separate ovvero di coppie che hanno troncato la loro relazione di fatto. Tale rischio, come avremo modo di verificare, risulta ancora più concreto nel caso di genitori il cui rapporto è connotato da elevata conflittualità. La questione è estremamente delicata. Se molti genitori palesano una strutturale inidoneità ad esercitare correttamente (rectius nell’esclusivo interesse dei figli) la responsabilità genitoriale in condizioni di normalità è plausibile ritenere che il perdurare di questa situazione possa impattare in modo fortemente negativo sul rapporto con i figli minori di età. Al riguardo, i numerosi provvedimenti emessi dai giudici in queste settimane mettono in luce − sia pur in una situazione di straordinarietà che ha stravolto le abitudini di vita delle persone − uno scarso rispetto dei ruoli e una carente capacità collaborativa. Il tutto, ovviamente, a discapito del superiore interesse del minore.
In quest’ottica, peculiare rilievo assume il monito contenuto in un meritorio provvedimento del Tribunale di Torre Annunziata del 6 aprile 2020 ove si sottolinea come “anche nella situazione emergenziale attuale non possono essere la legge, le ordinanze del Presidente della Regione o i provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria a proteggere la salute dei bambini, ma il comportamento dei genitori» e che quindi «la responsabilità genitoriale impone, in primo luogo, ai genitori nell’esercizio del munus loro demandato di individuare le misure adeguate a tutelare la salute della prole in un contegno che non può che essere ispirato da reciproca e qualificata collaborazione e da fiducia nell’altro, in assenza di effettivi e concreti elementi indicatori di atteggiamenti inadeguati” (Tribunale di Torre Annunziata, 6 aprile 2020, in www.osservatoriofamiglia.it).
Altrettanto significativo risulta l’invito alle parti, contenuto in un provvedimento del Tribunale di Brescia, ad esercitare correttamente la responsabilità genitoriale al fine di garantire − soprattutto in questo momento di emergenza sanitaria − il rispetto della bigenitorialità (Trib. Brescia, decreto 31 marzo 2020). Del resto, l’emergenza sanitaria non consente di sospendere − sic e simpliciter − i rapporti tra genitori e figli ovvero di derogare alle norme ordinarie. Anche in piena emergenza epidemiologica, ad esempio, si impone l’obbligo di comunicare al genitore non collocatario lo spostamento del minore in altro domicilio. Muovendosi in questa direzione, una recente ordinanza del Tribunale di Roma del 7 aprile 2020 − sul presupposto che il genitore non collocatario non è subalterno (rectius non ha un diritto inferiore o condizionato) rispetto all’altro nell’esercizio della genitorialità – ha stabilito che la partenza improvvisa per un luogo più consono alla tutela della salute non esime il genitore collocatario, né dall’obbligo di comunicazione, né dall’assumersi le conseguenze legate alla decisione presa. Invero, la modifica delle circostanze determina − come avvenuto nel caso di specie − la facoltà del giudice di rimodellare tempi, luoghi e modalità di affidamento (Tribunale di Roma, sez. I, ordinanza 7 aprile 2020, n. 3692, in www.ilquotidianogiuridico.it. L’ordinanza in esame, bilanciando l’interesse alla bigenitorialità con l’interesse alla salute, sia sotto il profilo individuale che collettivo, ha ritenuto che l’esercizio del primo non pregiudicasse il secondo né con riguardo alla “moltiplicazione dei rapporti” dei figli con entrambi i genitori, né con riguardo ai viaggi ed agli spostamenti del padre tra il comune di residenza e il comune in cui si trovava domiciliato il figlio, ovviamente sul presupposto del rigoroso rispetto delle prescrizioni sanitarie legate all’emergenza Covid−19).
Risulta fondamentale, pertanto, contenere il conflitto ed evitare strumentalizzazioni legate alle limitazioni − soprattutto quelle di spostamento − finalizzate a contenere la diffusione del virus. Al riguardo, occorre sempre tenere presente che l’espressione “genitore non collocatario” non equivale a “genitore non affidatario”. Il collocamento preferenziale del minore presso uno dei genitori risponde all’esigenza di dare allo stesso un punto di riferimento abitativo stabile, senza per ciò intaccare il principio di bigenitorialità. Fondamentale, infatti, risulta l’esigenza di attribuire al minore adeguati tempi di frequentazione con ciascuno dei genitori (al riguardo, occorre ricordare che la regolamentazione dei tempi di permanenza con i genitori non collocatari non può mai avvenire in base ad una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi. Da ultimo Cass. civ. ord., 13 febbraio 2020, n. 3652, in www.ilquotidianogiuridico.it.).
In questo scenario, sin dall’entrata in vigore dei sopra richiamati d.p.c.m., le restrizioni agli spostamenti dei cittadini hanno determinato molteplici ripercussioni pratiche nella vita di tutti i giorni e, in taluni i casi, hanno posto numerose questioni interpretative di non poco momento. Si pensi, a tal riguardo, alla possibilità di considerare legittimi (rectius giustificati da “situazione di necessità”) gli spostamenti dei genitori separati con figli minori e la possibilità di garantire − anche in tempi di emergenza epidemiologica − una frequentazione adeguata con entrambe le figure genitoriali, nel pieno rispetto del diritto del minore alla bigenitorialità.
Proprio nell’ottica di salvaguardare il superiore interesse del minore, infatti, occorre ricordare che l’articolato normativo tracciato dagli artt. 337 bis ss. c.c. ha puntualizzato quali siano i diritti dei figli che devono essere salvaguardati nonostante l’intervenuta crisi della coppia genitoriale. Paradigmatica, al riguardo, risulta la previsione contenuta nell’art. 337 ter, comma 1°, c.c. laddove si sancisce il diritto del figlio minore di età a “mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. Altrettanto rilevante, inoltre, risulta il comma 2° dell’art. 337 ter c.c. che impone al giudice, nell’adottare i provvedimenti relativi alla prole, di fare riferimento esclusivo all’interesse morale e materiale dei figli.
In questa prospettiva, per attuare al meglio l’interesse del minore, il giudice deve valutare prioritariamente la possibilità che la prole resti affidata ad entrambi i genitori. Al riguardo nell’elaborazione dell’affidamento condiviso si coglie un concetto di interesse del minore profondamente innovato. Prioritario è il perseguimento del benessere del figlio che, a ben vedere, passa attraverso la salvaguardia delle relazioni affettive ivi comprese quelle con i componenti della “famiglia allargata”. Peraltro, nella prospettiva dell’affidamento condiviso risulta essenziale − oltre all’esercizio in comune della responsabilità genitoriale − garantire tempi di frequentazione e di cura del figlio adeguati a preservare la partecipazione affettiva, morale e materiale alla vita del minore.
Ciò detto, non si può fare a meno di evidenziare che talune incertezze interpretative dei provvedimenti governativi sopra richiamati hanno determinato l’acuirsi del conflitto all’interno delle coppie separate, rendendo non facile l’esercizio della responsabilità genitoriale. Conseguentemente, come meglio vedremo, si è registrato un frequente ricorso ai Tribunali, costretti a pronunciarsi d’urgenza con provvedimenti inaudita altera parte. In questa sede, pertanto, appare importante stigmatizzare quei comportamenti ostruzionistici dei genitori collocatari che rischiano di avere un impatto devastante sull’equilibrio psicofisico dei figli minori, già esposti al sacrificio e alla situazione di stress contingente. Viceversa, in una situazione così drammatica risulta fondamentale garantire ai minori il sostegno di entrambi i genitori. Pur consapevoli che l’emergenza sanitaria, in taluni peculiari casi, può essere invocata per giustificare la temporanea sospensione del diritto−dovere di visita del genitore non collocatario non si può disconoscere che, soprattutto in assenza di un provvedimento modificativo di quello già in essere, il genitore deve sempre potersi rapportare adeguatamente con il figlio minore. In particolare, i genitori separati, pur muovendosi in quadro normativo apparso sin da subito poco chiaro e problematico, dovrebbero sforzarsi − anche al fine di non incappare in possibili provvedimenti sanzionatori ex art. 709 ter c.p.c. − di smorzare il conflitto e, al contempo, garantire una “cogestione genitoriale” funzionale al diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori anche in questa incessante fase emergenziale. Al riguardo, nonostante nel passaggio dalla c.d. fase 1, alla c.d. fase 2, le restrizioni alla libera circolazione assumono contenuti meno stringenti, non si può fare a meno di rilevare che l’emergenza sanitaria rischia di condizionare ancora a lungo il nostro modus vivendi.
Delicata, infine, appare la situazione dei figli minori di genitori che non risultino formalmente separati o i quali non abbiano ancora regolato davanti all’autorità giudiziaria le modalità di affidamento e visita dei figli. In questi casi, ancor più importante risulta la capacità di autoregolamentarsi al fine di raggiungere un accordo idoneo a garantire − ovviamente nel prioritario interesse del minore − un corretto esercizio della bigenitorialità.
2. Una delle maggiori problematiche emerse a seguito dell’emanazione dei provvedimenti governativi che hanno imposto limitazioni agli spostamenti delle persone, sia all’interno che tra comuni diversi, se non per comprovate ragioni di necessità, salute o urgenza, ha riguardato proprio gli spostamenti dei genitori per incontrarsi con i figli collocati presso l’altro genitore. Al riguardo, occorre ricordare che il già richiamato d.p.c.m. del 9 marzo 2020 ha esteso all’intero territorio nazionale le disposizioni già previste per numerose province italiane dal d.p.c.m. 8 marzo 2020 che, all’art. 1 impone di “evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all’interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”. Pertanto, con riferimento al c.d. diritto di visita del genitore non collocatario ci si è interrogati in ordine alla possibilità di considerare “necessari” gli spostamenti dei genitori per prendere e riportare i figli presso la casa del genitore collocatario.
In data 10 marzo 2020 il la Presidenza del Consiglio dei Ministri sul suo sito istituzionale ha chiarito che “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio” (FAQ − punto 13). Conseguentemente, occorre cooperare per agevolare (rectius rendere possibile) il normale alternarsi dei figli presso ciascuno dei genitori.
In linea con i chiarimenti forniti dal Governo − pur consapevoli che il rinvio alle FAQ può valere, al più, quale mero canone interpretativo − si colloca il decreto reso in via d’urgenza, inaudita altera parte, dal Tribunale di Milano in base al quale le disposizioni limitative degli spostamenti legate al Covid−19 “non sospendono il calendario dei tempi di frequentazione fra genitori e figli, che dunque deve proseguire con le modalità previste dai provvedimenti di separazione o divorzio” (Trib. Milano, sez. IX, decreto 11 marzo 2020, in www.il quotidianogiuridico.it. Sulla stessa linea si colloca Trib. Brescia, decreto 31 marzo 2020, ove si evidenzia che “le limitazioni alla circolazione per la grave emergenza sanitaria, a tutela della salute personale e collettiva, non incidono sulle disposizioni dei Tribunali quanto alla frequentazione dei figli con il genitore non collocatario, a garanzia del rispetto del principio della bigenitorialità”).
Ovviamente, muovendosi in un mutato quadro valoriale che, come già sottolineato, pone il diritto alla salute in posizione di assoluta preminenza, gli spostamenti dei genitori con i figli devono risultare compatibili, con le esigenze di sicurezza e di tutela della salute dei minori, di entrambi i genitori e dei familiari (soprattutto se anziani). Conseguentemente, possono presentarsi situazioni concrete idonee a porsi in contrasto con la regolare alternanza delle frequentazioni. Peraltro, la questione di cui si sta discutendo è stata resa ancor più incerta e complessa dal convulso susseguirsi dei d.p.c.m. che hanno scandito le nostre vite nelle ultime settimane. Significativo, al riguardo, il d.p.c.m. 22 marzo 2020 che − in piena c.d. fase 1 − ha stabilito nuove e significative restrizioni alla libertà di circolazione, prevedendo, in particolare “il divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute”.
In questo scenario si colloca un’ordinanza emessa dal Tribunale di Bari in data 26 marzo 2020 che − con provvedimento valevole fino al 25 maggio 2020 – ha accolto l’istanza presentata dal genitore collocatario per la sospensione delle visite paterne presso la casa di residenza del minore, trovandosi il padre in un comune diverso da quello del minore. Il giudice, al riguardo, con provvedimento emesso inaudita altera parte, ha sospeso le visite del padre fino al 29 maggio 2020, facendo salva, in ogni caso, la possibilità di rapportarsi con il figlio attraverso contatti audio−video (videochiamata Skype) secondo il calendario in precedenza stabilito (Trib. Bari, decreto 26 marzo 2020, in www.ilquotidianogiuridico.it. Nella medesima direzione si collocano Trib. Napoli, decreto 26 marzo 2020, in www.osservatoriofamiglia.it; Trib. Trento, 31 marzo 2020, in www.osservatoriofamiglia.it; Trib. Cagliari, decreto 9 aprile 2020 e Trib. Monza, ordinanza, 17 aprile 2020, in www.ilfamiliarista.it laddove, ritenendo comunque necessario garantire la continuità del rapporto genitore−figlio si ordina al genitore collocatario di favorire il contatto videotelefonico giornaliero con il genitore non collocatario).
Il Tribunale di Bari, pertanto, rispettoso del dettato dell’art. 1 del d.p.c.m. 22 marzo 2020, operando un bilanciamento dei contrapposti interessi, ha considerato il diritto−dovere dei genitori e dei figli minori di incontrarsi, nell’attuale fase emergenziale, recessivo rispetto «alle limitazioni alla circolazione delle persone, legalmente stabilite per ragioni sanitarie adottate dal Governo per fronteggiare l’emergenza sanitaria ed al diritto alla salute, sancito dall’art. 32 Cost.». Ad avviso del Tribunale, infatti, non è verificabile, se il minore, durante l’incontro con l’altro genitore, «sia stato esposto a rischio sanitario, con conseguente pericolo per coloro che ritroverà al rientro presso l’abitazione del genitore collocatario».
Invero, anche a voler prescindere dalla circostanza che successivamente al d.p.c.m. 22 marzo 2020 sul sito istituzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri è stato chiarito che «gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche da un Comune all’altro. Tali spostamenti dovranno in ogni caso avvenire scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario (persone in quarantena, positive, immunodepresse etc.), nonché secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori», non si possono sottovalutare gli effetti pregiudizievoli che una simile decisione può comportare sul minore. Il bilanciamento dei contrapposti interessi operato dal giudice barese, infatti, finisce con il porre il minore − peraltro per un lasso di tempo significativo − in una posizione di accentuata vulnerabilità. Resto molto dubbioso sulla possibilità di surrogare il diritto−dovere di visita del genitore non collocatario − nel rispetto del principio della bigenitorialità − attraverso una presenza virtuale realizzata tramite sistemi di videochiamata, soprattutto se questa situazione emergenziale dovesse durare ancora a lungo.
Tutti, indistintamente, stiamo patendo il c.d. distanziamento sociale e la limitazione del contatto fisico con gli affetti più cari. Invero, tale patimento risulta amplificato nella dimensione relazione del rapporto tra genitori e figli, specialmente se si tratta di minori in tenera età. Non ci sono dubbi che la moderna tecnologia può essere di grande aiuto quando le residenze dei genitori sono lontane ovvero uno quando dei genitori, per ragioni lavorative, è costretto a trascorrere molto tempo in un altro paese. Tuttavia, non si può fare a meno di rilevare che l’utilizzo giornaliero di sistemi di videochiamata è cosa ben diversa dall’interazione fisica tra genitori e figli. Non è possibile assimilare una giornata passata insieme al proprio figlio «in presenza» ad una giornata passata danti ad uno schermo.
La questione è estremamente delicata è continua a far discutere gli addetti ai lavori anche perché − in assenza di accordo tra i genitori − continuano a susseguirsi provvedimenti emessi inaudita altera parte dai vari Tribunali chiamati ad esprimersi sulla questione del «quando» e, soprattutto, «in che modo» il diritto−dovere di visita del genitore non collocatario possa essere esercitato a fronte della necessità di salvaguardare la salute pubblica e rispettare le limitazioni (sempre più stringenti durante la c.d. fase 1) alla circolazione delle persone, stabilite dai vari provvedimenti governativi che si sono susseguiti in modo convulso durante le ultime settimane (i.e. d.p.c.m. 9 marzo 2020, d.p.c.m 11 marzo 2020, d.p.c.m 21 marzo 2020, d.p.c.m 10 aprile 2020 http://www.governo.it/it/coronavirus−misure−del−governo, per passare in rassegna tutti i provvedimenti adottati nella c.d. fase 1 e nella c.d. fase 2 dell’emergenza epidemiologica). Emerge un quadro giurisprudenziale non sempre uniforme, probabilmente anche in conseguenza di una situazione epidemiologica variegata sul territorio nazionale, che ha portato il giudicante a spostare di volta in volta il baricentro degli interessi in gioco.
Interessante, al riguardo, appare un provvedimento del Tribunale di Vasto del 2 aprile 2020 che nel bilanciamento dei diversi diritti coinvolti ha sospeso (in linea con quanto previsto dal decreto del Tribunale di Bari del 26 marzo 2020) il diritto−dovere di visita del genitore non collocatario, nei limiti dell’incontro «in presenza» sul presupposto che, nel caso di specie, il padre proveniva da un luogo ad alto tasso di contagio virale e non sempre aveva rispettato le prescrizioni imposte dalla normativa vigente; inoltre, non appariva chiaro se nell’abitazione del padre fossero presenti altre persone. Purtuttavia, il Tribunale di Vasto ha sottolineato che “il diritto del padre a mantenere rapporti significativi e costanti con la figlia può essere esercitato attraverso strumenti telematici che consentano conversazioni in videochiamata, con cadenza anche quotidiana” (cfr. Tribunale di Vasto, decreto 2 aprile 2020, in www.il quotidianogiuridico.it).
In contrapposizione con i provvedimenti da ultimo richiamati si pone il decreto del Tribunale di Busto Arsizio del 3 aprile 2020 (www.ilquotidianogiuridico.it). Il provvedimento prende le mosse dal ricorso di un padre separato che si doleva della sospensione degli incontri con i figli (sostituiti con le videochiamate) disposta dai Servizi Sociali in virtù della situazione emergenziale. Il Tribunale, asseverando le considerazioni svolte dal padre istante, osservava che il diritto di visita dei figli di genitori separati e divorziati non ha subìto limitazioni a seguito della normativa emergenziale per fronteggiare l’epidemia da Covid−19, in quanto certamente rientrante nelle “situazioni di necessità” che, in base alla normativa vigente, legittimano lo spostamento sul territorio (v. art. 1, comma 2, lett. a, D.L. 25 marzo 2020, n. 19). Quanto detto, peraltro, trova ulteriore specifica conferma nel modello di autodichiarazione, pubblicato sul sito del Ministero degli Interni dopo il D.L. n. 19/2020 che richiama gli “obblighi di affidamento di minori” tra le motivazioni che consentono gli spostamenti individuali nonché nelle FAQ inserite sul sito della Regione Lombardia, a partire dal 27 marzo 2020.
Il Tribunale di Busto Arsizio propende per una (convincente) interpretazione estensiva delle disposizioni normative volta ad ammettere gli spostamenti durante l’epidemia, così da ricomprendervi anche quelli “necessari” per ottemperare agli obblighi di visita dei figli disposti in precedenza dal Giudice. Si tratta, pertanto, di un’opzione ermeneutica in forte contrasto con l’impostazione recepita, alcuni giorni prima, dal Tribunale di Bari e che, per di più, matura in un contesto territoriale in cui l’emergenza epidemiologica si è manifestata in maniera drammatica. Nel decreto del Tribunale di Busto Arsizio, pertanto, il diritto−dovere dei genitori e dei figli minori di incontrarsi, nell’attuale momento emergenziale, non è recessivo rispetto alle limitazioni alla circolazione delle persone poste dai provvedimenti governativi.
Sempre più concreto appare il rischio che si pervenga, in modo irragionevole, a soluzioni difformi a seconda del luogo in cui sono ubicati i figli ed i genitori e della relativa normativa regionale o, addirittura, comunale, di volta in volta applicabile. Ciò detto, appare di tutta evidenza che ogni singola situazione familiare impone di essere valutata specificatamente e al di là di ogni previsione normativa astratta. Peraltro, oggi più che in passato, le modalità di esercizio di visita vanno coniugate non solo con le disposizioni generali ma vanno altresì interpretate alla luce del buon senso: evitare gli spostamenti con mezzi pubblici, evitare di mettere in contatto i minori con situazioni potenzialmente a rischio, evitare il contatto tra i minori e i nonni o con altri soggetti maggiormente esposti al rischio di contrarre il Covid−19.
Da ultimo si pone l’esigenza di svolgere qualche riflessione sul tema degli “incontri protetti” tra genitori e figli. In questi casi le valutazioni in punto di rischio sanitario sono molto stringenti a causa dell’esigenza di preservare un ambiente collettivo ed a forte rischio di diffusione del contagio al suo interno (si pensi, ad esempio, all’ipotesi dell’incontro protetto da svolgersi all’interno di una comunità di accoglienza per minori). I provvedimenti che si è avuto modo di esaminare, al riguardo, evidenziano una certa rigidità: le suddette esigenze di tutela della salute sembrano essere incompatibili – anche solo sotto un profilo squisitamente logistico, con la possibilità di garantire un’adeguata sicurezza.
Si collocano in questa direzione il provvedimento, inaudita altera parte, del Tribunale di Matera del 12 marzo 2020 che ha reputato opportuno sospendere gli incontri protetti padre-figlio “essendo contrario al superiore interesse del minore uscire di casa e frequentare luoghi e persone diversi dal proprio domicilio” (Trib. Matera, 12 marzo 2020, in www.osservatoriofamiglia.it.) nonché il provvedimento della Corte d’Appello di Lecce del 20 marzo 2020 che, preso atto della sospensione dei servizi garantiti dalla struttura in precedenza individuata per gli incontri protetti con la madre del minore, ha imposto al padre di garantire lo svolgimento dei previsti incontri attraverso contatti giornalieri in videochiamata (C. App. Lecce, 20 marzo 2020, in www.osservatoriofamiglia.it.). In posizione mediana si pone un’interessante provvedimento, inaudita altera parte, del Tribunale di Terni del 30 marzo 2020 che nel bilanciamento degli interessi di pari rango costituzionale, quello alla tutela della bigenitorialità e quello alla tutela della salute individuale e pubblica, non ha ritenuto attribuire priorità assoluta all’uno o all’altro: preso atto “dell’impossibilità a causa dell’emergenza sanitaria di attivare incontri in spazio neutro”, si ravvisa nella possibilità di organizzare degli incontri da remoto organizzati dai responsabili del Servizio Socio assistenziale del Comune (che dovrà garantire la propria presenza e vigilanza per l’intera durata della chiamata) la modalità operativa − con riferimento alle specificità del caso concreto − più efficace per salvaguardare entrambi gli interessi (Trib. Terni, 30 marzo 2020, in www.osservatoriofamiglia.it.).
3. Il nuovo d.p.c.m. 26 aprile 2020, nel dettare molteplici regole per la gestione della c.d. fase 2 dell’emergenza sanitaria da Covid−19, ha segnato un primo graduale allentamento delle misure di “confinamento”. Invero, si pongono nuove questioni interpretative (paradigmatica risulta la vicenda legata ai c.d. “congiunti”) e permangono talune incertezze. Del resto, la trasposizione della dicotomia “urgenza-necessità” da un livello comunale a un livello regionale attenua, ma non elide, la questione legata al regime di frequentazione genitori-figli. Anche in questa c.d. fase 2, infatti, si impone grande accortezza ed equilibrio per evitare di dover assistere − sia pur in una logica emergenziale − a nuove torsioni del modello costituzionale.
Pur nel rispetto della tecnica del bilanciamento dei valori appare insopprimibile l’esigenza di assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare. Da più parti, non a caso, si sono sollevate preoccupazioni sulle attuali modalità di esercizio del diritto−dovere di visita del genitore non collocatario − con tutte le ricadute che ne discendono sul piano delle relazioni familiari − nonché sul delicato tema del reinserimento socio−relazionale del minore. Al riguardo, in stretta aderenza con quanto evidenziato, l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza ha presentato, nei giorni scorsi, la richiesta al Presidente del Consiglio dei Ministri di istituire un comitato di esperti per valutare le conseguenze dell’emergenza epidemiologica sui bambini e gli adolescenti e per gestire al meglio la c.d. fase 2.
Nell’impossibilità di prevedere cosa potrà accadere nelle prossime settimane occorre provare a fissare alcuni punti fermi. In primo luogo, occorre ribadire che il genitore collocatario non può decidere unilateralmente di sospendere la frequentazione del figlio con l’altro genitore, schermandosi dietro la decretazione emergenziale; inoltre, non si può pensare − anche nella logica di non esasperare il conflitto − di ricorrere sempre al giudice. Infine, occorre prendere atto che non esiste mai una regola unica ma molteplici situazioni diversificate che impongono di risolvere la singola questione tramite il ricorso a plurimi criteri guida. Sarà compito dell’avvocato spiegarli ai clienti.
Nella prospettiva da ultimo richiamata, si segnala che il Consiglio Nazionale Forense − sotto la spinta della “Commissione Diritto di famiglia” − già all’indomani delle prime misure di “confinamento” e di distanziamento sociale ha avvertito l’esigenza di avviare una riflessione attenta sul tema del diritto−dovere di visita del genitore non collocatario e del diritto del minore di età alla bigenitorialità in questa fase “straordinaria” di emergenza epidemiologica. Ne è scaturito un documento − condiviso e sottoscritto da tutte le associazioni specialistiche in materia di diritto di famiglia − che, nella consapevolezza dell’alta responsabilità sociale riconnessa alla professione forense, consegna all’avvocato familiarista un ruolo di centrale rilievo nell’orientare e nel consigliare i clienti nell’individuazione della soluzione migliore nell’interesse dei figli minori.
Prioritario compito dell’avvocato sarà quello di ricordare ai genitori l’importanza di anteporre la piena promozione dei diritti dei loro amati figli − oggi resi più vulnerabili dalle misure di “confinamento” − a qualsiasi conflitto e lacerazione.
Invero, in un momento così fuori dall’ordinario, per i figli risulta fondamentale mantenere un legame saldo con entrambi i genitori. Neanche le più marcate restrizioni, soprattutto in questa fase 2, possono essere interpretate apoditticamente in senso lesivo del diritto alla bigenitorialità. La compressione di un tale diritto può giustificarsi solo in presenza di oggettive ragioni di tutela riconducibili alle peculiarità del caso concreto (i.e. specifica attività lavorativa del genitore; provenienza da zone o contesti abitativi esposti in misura rilevante al pericolo di contagio; mezzi utilizzati per gli spostamenti). Pertanto, sarà compito degli avvocati consigliare i propri clienti nella fase “pre-patologica”, evitando così che il conflitto tracimi nelle aule di tribunale e avendo sempre come obiettivo il primario interesse del figlio minore di età.