Pacchetti turistici e diritti dei viaggiatori nell’ordinamento giuridico italiano ai tempi del Coronavirus

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Monica Pucci, Assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Perugia. Correo electrónico: monica.pucci85@gmail.com

1. L’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia di Covid-19 ha inciso profondamente sul tessuto socio-economico della nostra società con inevitabili ripercussioni per il sistema giuridico italiano, che hanno reso necessaria l’adozione da parte del Governo di provvedimenti normativi d’urgenza [Fisiologicamente destinati ad essere sostituiti, a pena di decadenza, da una legge di conversione: in proposito, CRISCIONE, C.: “Legge di conversione di un decreto-legge ed emendamenti”, in diritto.it, 20 aprile 2020] finalizzati a regolamentare in via straordinaria, in virtù della eccezionalità della situazione di riferimento, i contratti in corso e la regolare esecuzione dei relativi rapporti privatistici [Cfr. VERZANI, S.: “Gli effetti, sui contratti in corso, dell’emergenza sanitaria legata al COVID-19”, in giustiziacivile.com. Emergenza Covid-19 – Speciale n. 1, pp. 213 ss.)].

In particolare, gli stringenti vincoli alla libera circolazione delle persone imposti al fine di evitare il diffondersi del virus hanno provocato pesanti ricadute sul settore turistico, specie sui contratti di vendita di pacchetti turistici, a causa delle molteplici cancellazioni di viaggi da parte dei tour operator e/o delle rinunce alla partenza dei viaggiatori.

In un tale contesto, si reputa indispensabile una riflessione sull’incidenza rispetto a tali contratti degli interventi normativi straordinari tra cui il d.l. 17 marzo 2020, n. 18, cd. “Cura Italia” convertito, con modificazioni, in legge 24 aprile 2020 n. 27 [Recante “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi”, in G.U. Serie Generale n. 110 del 29.04.2020 – Suppl. Ordinario n. 16], prestando particolare attenzione alle deviazioni introdotte dalla previsione di cui all’art. 88 bis rispetto alla disciplina di ordinaria applicazione, ovvero il Codice del Turismo [Allegato n. 1 al d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79. Tale codificazione rappresenta ad oggi il principale riferimento normativo in materia di “contratti del turismo organizzato” disciplinati all’interno del Capo I del Titolo VI, artt. 31-51 novies], nell’ambito dei rimedi esperibili dagli acquirenti dei pacchetti turistici a tutela dei propri diritti nel caso in cui si verifichino circostanze inevitabili e straordinarie che impediscano la partenza.
Ma procediamo con ordine.

2. A seguito della riforma del nostro Codice di settore, conseguente all’entrata in vigore del d.lgs. 21 maggio 2018, n. 62 [tale decreto ha dato attuazione alla direttiva Ue 2015/2302 in materia di pacchetti turistici e servizi turistici collegati. In proposito, ex multis, VENDITTI, P.: I pacchetti turistici dopo la riforma. Commento organico al d.lgs. 21 maggio 2018, n. 62, di modifica del Codice del turismo, Roma, 2018], il legislatore italiano ha predisposto, a fronte di una regolamentazione ante riforma piuttosto disomogenea, una disciplina analitica del diritto di recesso del viaggiatore [Tale diritto costituisce il principale strumento giuridico di protezione degli interessi della parte debole del rapporto contrattuale di viaggio: permettendo, infatti, lo scioglimento unilaterale del contratto successivamente alla sua conclusione, consente di rimediare all’originario squilibrio sussistente rispetto alla posizione contrattuale dell’operatore turistico. Cfr. GAMBINI, M.: “Il recesso nella contrattazione turistica”, in AA.VV.: Scritti in Onore di Vito Rizzo (a cura di E. CATERINI, L. NELLA, A. FLAMINI, L. MEZZASOMA, S. POLIDORI), Napoli, 2017, pp. 797 ss.], mediate l’introduzione di una disposizione ad hoc, l’art. 41, volta a regolamentarne l’esercizio prima che abbia avuto inizio l’esecuzione del pacchetto.

Per quanto qui di interesse, si evidenzia che il comma 4 di tale disposizione stabilisce espressamente che qualora si verifichino nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze “circostanze inevitabili e straordinarie” che compromettano in maniera sostanziale l’esecuzione del pacchetto, il viaggiatore ha diritto di recedere dal contratto, senza essere gravato dall’onere di corrispondere spese di recesso, e ha diritto al rimborso integrale dei pagamenti effettuati, entro 14 giorni [Ridotto all’essenziale, il recesso gratuito del viaggiatore trova quindi fondamento in un’impossibilità a fruire della prestazione sopravvenuta ed oggettiva suscettibile di impedire l’esatta esecuzione in sicurezza dei servizi combinati nel pacchetto turistico. Impossibilità sopravvenuta che deve essere altresì straordinaria, ovvero si deve collocare oltre la soglia della prevedibilità, fuori dal controllo dell’organizzatore del pacchetto e le cui conseguenze non si sarebbero potute evitare neanche adottando ogni ragionevole misura [Cfr. SANTAGATA, R.: Diritto del turismo, Torino, 2018, pp. 300-301; PAGLIANTINI S.: “Tra diritto delle Corti e teoria dei controlimiti: il recesso del viaggiatore dal contratto di pacchetto turistico ai sensi dell’art. 12 dir. 2015/2302 UE”, in Europa e diritto privato, 2018, pp. 41 ss.).

Il concetto di “circostanze inevitabili e straordinarie” viene esemplificato dal Considerando n. 31 della direttiva Ue 2015/2302 con il quale il legislatore comunitario cita espressamente nell’ambito delle stesse i “(…) rischi significativi per la salute umana quali il focolaio di una grave malattia nel luogo di destinazione del viaggio (…) che impediscono di viaggiare in modo sicuro verso la destinazione come stabilito nel contratto di pacchetto turistico”.

È indubbio, pertanto, che la condizione di emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Covid-19 rappresenti un’ipotesi riconducibile alla nozione di cui sopra tale da giustificare l’applicazione del comma 4 dell’art. 41 cod. tur. e, quindi, il riconoscimento in favore del viaggiatore che rinuncia al viaggio del diritto ad ottenere il rimborso integrale di quanto pagato.

3. La considerazione precedente, tuttavia, necessita di essere riformulata a seguito dell’entrata in vigore della legge di conversione del d.l. “Cura Italia” [Con conseguente abrogazione, ex art. 1, comma 2, del precedente d.l. 2 marzo 2020, n. 9 che regolamentava, all’art. 28, comma 5, l’esercizio del diritto di recesso dai contratti di pacchetti turistici durante l’emergenza da Covid-19. Per una prima riflessione sulla disciplina di cui al d.l. n. 9 del 2020 v. SANTAGATA, R.: “Gli effetti del Coronavirus sui contratti turistici. Primi appunti”, in giustiziacivile.com, 17 aprile 2020] con la quale si introduce una disciplina del recesso dai contratti di pacchetti turistici che deroga, almeno temporaneamente, ovvero finchè permarranno nei luoghi di partenza e di destinazione le misure di restrizione a tutela della salute pubblica [Cessata l’emergenza, in caso di recesso da parte dell’acquirente del pacchetto turistico, tornerà ad applicarsi la disciplina ordinaria di cui all’art. 41, comma 1, cod. tur.], all’art. 41, comma 4, cod. tur.

L’art. 88 bis, comma 6, di cui all’Allegato a tale legge riconosce il diritto di recesso, ai sensi dell’art. 41 del d.lgs. n. 79 del 2011, nelle ipotesi di “contratti di pacchetto turistico da eseguirsi nei periodi di ricovero, di quarantena con sorveglianza attiva, di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva ovvero di durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nelle aree interessate dal contagio come individuate dai decreti adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, o negli Stati dove è impedito o vietato lo sbarco, l’approdo o l’arrivo in ragione della situazione emergenziale epidemiologica da COVID-19”, in favore dei soggetti che hanno programmato soggiorni o viaggi con partenza o arrivo nelle aree interessate dal contagio come individuate dai decreti adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri e con riguardo ai contratti da eseguire nel periodo di efficacia di tali decreti [Art. 88 bis, comma 1, lett. d]; degli acquirenti di pacchetti turistici, acquistati in Italia, aventi come destinazione Stati esteri, dove sia impedito o vietato lo sbarco, l’approdo o l’arrivo in ragione della suddetta situazione emergenziale epidemiologica [Art. 88 bis, comma 1, lett. f], nonchè degli altri soggetti indicati al comma 1°, lett. a, b, c.

Le perplessità e le critiche suscitate dalla norma riguardano i diritti spettanti al viaggiatore a seguito del recesso: a fronte, infatti, della normativa di settore che – come precedentemente indicato – riconosce esclusivamente il diritto al rimborso integrale dei pagamenti effettuati, il comma 6 dell’art. 88 bis dispone espressamente che in caso di recesso, l’organizzatore, possa “offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore o inferiore con restituzione della differenza di prezzo oppure (…) procedere al rimborso o, altrimenti, (…) emettere, anche per il tramite dell’agenzia venditrice, un voucher [Sulla natura giuridica del voucher v. CRISCIONE, C.: “Natura giuridica e vicende del voucher introdotto dalla decretazione d’urgenza”, in diritto.it, 31 marzo 2020] da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante”.

Palese è la limitazione dei diritti per il viaggiatore realizzata dalla disposizione che, sostanzialmente, conferisce all’organizzatore la facoltà di scelta in merito alle tre opzioni indicate [Cfr. GIGLIOTTI, F.: “Considerazioni in tema di impossibilità sopravvenuta, per emergenza epidemiologica, di prestazioni dello spettacolo e assimilate”, in giustiziacivile.com. Emergenza Covid-19 – Speciale n. 1, p. 251] ponendo così l’acquirente del pacchetto, obbligato ad accettare l’eventuale voucher proposto dall’organizzatore [L’art. 88 bis, comma 12, infatti, dispone che “l’emissione dei voucher (…) assolve i correlativi obblighi di rimborso e non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario”], in una posizione più sfavorevole rispetto a quella che deriverebbe dall’applicazione della disciplina ordinaria. L’art. 41, comma 4, cod. tur., infatti, impone all’organizzatore l’obbligo di restituire le somme integralmente pagate al cliente: solo quest’ultimo, sulla base di una scelta volontaria, può eventualmente decidere di rinunciarvi in favore, d’intesa con l’organizzatore, di una forma di ristoro diversa quale, ad esempio, l’emissione di un voucher [Cfr. SANTAGATA, R.: “Gli effetti del Coronavirus sui contratti turistici. Primi appunti”, cit.].

Ciò su cui si vuole incentrare l’attenzione [Cfr. CAPRINO, M. e MARRAFFINO, M.: “Coronavirus e vacanze annullate: voucher o rimborso? ecco cosa dice la legge”, in ilsole24ore.com, 4 aprile 2020 ] è che proprio una normativa d’urgenza che teoricamente dovrebbe tutelare chi ha dovuto rinunciare al viaggio a causa della pandemia, risulti essere maggiormente pregiudizievole per il viaggiatore, sicuramente penalizzato dalla scelta dell’organizzatore di erogare un voucher sostitutivo del rimborso nell’ipotesi in cui, ad esempio, si venga a trovare in una situazione di difficoltà, dovuta magari alla perdita del posto di lavoro, e sia quindi impossibilitato materialmente ad affrontare un viaggio entro un nuovo anno. Per non parlare, poi, del rischio non inverosimile, considerata la generale condizione di crisi economica causata dall’emergenza Covid-19, di un default finanziario dell’organizzatore successivo all’emissione di tale voucher.

La riflessione che ne consegue induce a ritenere che, in luogo di una soluzione idonea a realizzare un corretto bilanciamento – secondo il principio di solidarietà sociale di cui all’art. 2 della nostra carta costituzionale – tra la tutela dell’industria del turismo e gli interessi dei viaggiatori, la norma varata con l’emergenza abbia privilegiato la protezione delle imprese turistiche falcidiate dal Coronavirus, le quali hanno sostanzialmente azzerato la loro attività e che, pertanto, non verserebbero nella possibilità di eseguire il rimborso immediato di somme non più presenti nel loro patrimonio, concedendogli il beneficio di una dilazione connessa all’emissione del vuocher [Nello stesso senso SANTAGATA, R.: “Gli effetti del Coronavirus sui contratti turistici. Primi appunti”, cit.; in senso contrario CRISCIONE, C.: “Natura giuridica e vicende del voucher introdotto dalla decretazione d’urgenza”, cit., per il quale è stata fatta “la scelta di realizzare il concorso in attività di carattere solidaristico, ponendo in essere una norma di coesione sociale grazie alla quale ciascuno ha la possibilità di dare “il proprio contributo” al fine di creare le condizioni di una rapida ed auspicata ripresa a vantaggio della sopravvivenza e dello sviluppo della comunità intera”.]. Di contro, è stato addossato ai viaggiatori, i cui diritti sono stati eccessivamente compressi, l’onere di “supportare” con i propri sacrifici l’impresa del turismo [Il comma 7 dell’art. 88 bis, peraltro, ha esteso il termine per la corresponsione del rimborso o per l’emissione del voucher dagli originari 30 a 60 giorni rispetto alla data prevista di inizio del viaggio].

Il quadro si complica ulteriormente a svantaggio dell’acquirente del pacchetto turistico a causa della qualificazione delle disposizioni di cui all’art. 88 bis [V. art. 88 bis, comma 13] come “norme di applicazione necessaria” [A tale scopo vengono richiamati l’art. 17 della l. n. 218 del 1995 in tema di diritto internazionale privato e l’art. 9 del reg. (Ce) n. 593 del 2008 sulle obbligazioni contrattuali], in quanto il loro rispetto è ritenuto per l’Italia “cruciale per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale o economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto” [V. art. 9 del reg. n. 593 del 2008]. Tale qualificazione consente di affermarne la prevalenza sulle disposizioni di diritto internazionale pregiudicando ulteriormente la posizione di viaggiatori già ampiamente penalizzati, che saranno anche impossibilitati a beneficiare di eventuali disposizioni più favorevoli eventualmente adottate da altri Stati membri dell’Ue.

In ogni caso, e a prescindere dalle valutazioni individuali circa l’idoneità o meno della nuova disciplina nazionale a realizzare un effettivo bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco, ciò che emerge con oggettività è che l’art. 88 bis sia in aperto contrasto non solo con la normativa interna di settore, ma anche con la direttiva Ue 2015/2302 [A tal proposito, SANTAGATA, R.: “Gli effetti del Coronavirus sui contratti turistici. Primi appunti”, cit., sottolinea che l’art. 4 della direttiva abbia introdotto un principio di armonizzazione massima, con conseguente divieto per gli Stati membri di adottare disposizioni che comportino un livello di tutela diverso per il viaggiatore] di cui l’art. 41, comma 4, cod. tur. costituisce attuazione.

L’art. 12.2 della normativa comunitaria, infatti, riconosce espressamente in favore del viaggiatore il diritto di risolvere il contratto ed il conseguente rimborso integrale dei pagamenti effettuati qualora si verifichino circostanze inevitabili e straordinarie [Di cui al Considerando n. 31] nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che incidono in maniera sostanziale sull’esecuzione del pacchetto o sul trasporto di passeggeri verso la destinazione.

4. Le considerazioni che precedono ci consentono di concludere che la disciplina introdotta dalla legge di conversione del d.l. “Cura Italia” infligga un grave vulnus alle tutele sinora garantite ai viaggiatori in Europa, ponendosi in aperto contrasto con la disciplina comunitaria e con l’impianto di protezione realizzato nel tempo mediante regolamenti e direttive.

A tal proposito, non si può fare a meno di notare come la stessa Commissione Europea abbia ribadito con riferimento ai diritti riconosciuti dai regolamenti Ue ai passeggeri che viaggiano in aereo, treno, autobus o nave nel corso dell’emergenza da Coronavirus, che la proposta del voucher offerto in caso di cancellazione del viaggio non possa in alcun modo influire sul diritto del passeggero a scegliere il rimborso come forma di ristoro alternativa [Cfr. Comunicazione della Commissione: “Orientamenti interpretativi relativi ai regolamenti UE sui diritti dei passeggeri nel contesto dell’evolversi della situazione connessa al Covid-19”, Bruxelles, 18.3.2020 C(2020) 1830 final, in ec.europa.eu]. Diametralmente opposta la soluzione adottata dal legislatore italiano che impone, ex art. 88 bis, comma 12, anche con riguardo all’acquisto di singoli servizi turistici disaggregati l’accettazione del voucher quale rimedio proposto dal vettore [V. art. 88 bis, comma 3] in caso di cancellazione del viaggio.

Non ci si può esimere dal rilevare, quindi, che in sede di conversione del d.l. “Cura Italia” il legislatore abbia sprecato l’opportunità di modificare un sistema, quello dei voucher sostitutivi del rimborso, già al centro di un’accesa diatriba durante la vigenza del previgente d.l. n. 9 del 2020 [V. infra], accrescendo così la possibilità di contenziosi tra viaggiatori ed organizzatori basati sulla difformità tra la normativa nazionale e la direttiva comunitaria.

Contenziosi che potrebbero indurre i giudici italiani a sollevare questione di rinvio pregiudiziale dinnanzi alla Corte di giustizia europea ex art. 267 TFUE e che, in ogni caso, dal punto di vista pratico esporrebbero i viaggiatori al rischio di vincere una causa quando ormai la controparte potrebbe non essere più in grado di pagare. La capacità effettiva di rimborso degli operatori turistici dopo eventuali cause, infatti, dipenderà non solo dalla durata della crisi, ma anche dall’entità degli aiuti da parte dello Stato a disposizione delle imprese del settore turistico.

In secondo luogo, l’introduzione, ex art. 88 bis, comma 7, dell’espresso riconoscimento del diritto di recesso in favore dell’organizzatore del pacchetto e l’attribuzione allo stesso di una facoltà di scelta in merito alla possibilità di erogare il voucher in alternativa al rimedio del rimborso integrale di cui all’art. 41, comma 5, lett. b) cod. tur., limita ulteriormente il viaggiatore anche rispetto alla precedente normativa d’urgenza.

L’art. 28, comma 5, del d.l. n. 9 del 2020, infatti, non avendo espressamente statuito in merito al recesso dell’operatore turistico, faceva salva l’applicazione della disciplina ordinaria di cui al Codice del turismo assicurando, così, il diritto del viaggiatore a rifiutare legittimamente il voucher e richiedere il rimborso integrale dei pagamenti effettuati in caso di cancellazione del pacchetto da parte dell’operatore turistico [Ciò nonostante, la prassi seguita da alcuni dei maggiori tour operator durante la vigenza di tale d.l., è stata quella di imporre i voucher anche nell’ipotesi in cui non fosse il viaggiatore a chiedere la cancellazione del viaggio. Tale condotta, considerata illegittima per contrarietà alla disciplina ordinaria, ha spinto il Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, comunemente conosciuto come “Codacons”, a presentare denuncia all’Antitrust in cui si è chiesto di aprire formale istruttoria per pratica commerciale scorretta ai danni dei consumatori].

Successivamente all’entrata in vigore della legge di conversione del d.l. “Cura Italia”, invece, il viaggiatore che si troverà di fronte all’emissione di un voucher a seguito del recesso dell’organizzatore non potrà rifiutarsi di accettarlo.

Evidente è la disparità di trattamento, in violazione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della nostra Costituzione, subita dai viaggiatori a seconda che il recesso dell’organizzatore si sia verificato sotto la vigenza del d.l. n. 9 del 2020 o della nuova disciplina, considerato che l’art. 1, comma 2, della legge di conversione del d.l. “Cura Italia” salva “gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base” dell’abrogato d.l.

Appurato che il sistema dei voucher confermato e potenziato [Il comma 11 dell’art. 88 bis prevede espressamente la possibilità di emettere voucher per tutti i rapporti inerenti ai contratti di pacchetto turistico “instaurati con effetto dall’11 marzo 2020 al 30 settembre 2020 nell’intero territorio nazionale, anche per le prestazioni da rendere all’estero e per le prestazioni in favore di contraenti provenienti dall’estero, quando le prestazioni non siano rese a causa degli effetti derivanti dallo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 (…)”] dalla legge n. 27 del 2020 abbia inflitto un’ulteriore ferita ai cittadini-viaggiatori già duramente colpiti dalle pesanti ripercussioni economiche della pandemia, ci si interroga in merito all’esistenza di suoi eventuali correttivi finalizzati a consentire una tutela simultanea degli interessi delle imprese turistiche e dei viaggiatori, senza correre il rischio di comprimere eccessivamente i diritti di questi ultimi di per sé già circoscritti da una contrattazione standardizzata che si caratterizza per un evidente squilibrio contrattuale tra le parti fin dalla fase genetica del rapporto.

Non bisogna dimenticare, infatti, che il viaggiatore assuma le vesti di “contraente debole” [Sul punto, MEZZASOMA, L.: “El contraente protegido en los contratos de turismo organizado: del consumidor al viajero”, in AA. VV.: Turismo y daños (a cura di L. MEZZASOMA. e M.J. REYES LÓPEZ), Cizur Menor (Navarra), 2019, pp. 153 ss.] dinnanzi ad un operatore turistico che predispone unilateralmente un regolamento contrattuale per lui indubbiamente più vantaggioso, avvalendosi di rigide condizioni generali di offerta e di vendita dei servizi che l’acquirente del pacchetto si trova a dover accettare senza alcuna possibilità di negoziazione. Tale condizione di debolezza contrattuale – che ha spinto il legislatore italiano ad adottare la disciplina speciale di cui al Codice del turismo proprio al fine di intensificare la tutela del viaggiatore rispetto al comune consumatore [In proposito, ex multis, SANTAGATA, R.: Diritto del turismo, cit., pp. 273-274] – dovrebbe indurre a far sì che, dinnanzi al verificarsi di circostanze straordinarie ed inevitabili che prescindono dalla volontà dell’acquirente, quali l’emergenza da Coronavirus, e che impediscano la regolare esecuzione del pacchetto, si possa garantire un sistema di protezione che gli consenta di contare ragionevolmente su una tutela intensificata, piuttosto che ridotta rispetto a quella di cui potrebbe beneficiare in situazioni ordinarie.

In tale ottica, le considerazioni che precedono consentono di concludere che sarebbe stato più ragionevole, e non solo ai fini di una conformità rispetto alla normativa comunitaria, lasciare al viaggiatore la libera scelta in merito all’opzione rimborso/voucher. In secondo luogo, ai fini di una effettiva tutela dei diritti degli acquirenti del pacchetto turistico, si sarebbe potuto prolungare la scadenza del voucher oltre la soglia annuale; ovvero, in ordine gerarchico, prorogarne la validità per ulteriori 12 mesi in caso di mancato impiego; permetterne un utilizzo frazionato in singoli servizi turistici; e, come ultima chance, consentirne il riscatto in denaro in caso di impossibilità ad usufruirne.

Tuttavia, nessuna di queste alternative è stata presa in esame lasciando, così, la strada aperta a probabili numerosi contenziosi.

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